Friday, 9 March 2012

Pandolce genovese - U panduce - Genoese Fruit and nut bread



DSCN9240 - pandolce genovese_intero 

Lo so, questa ricetta è decisamente fuori tempo massimo e giaceva sul mio dashboard in attesa di essere completata ...

qui a Roma fra una nevicata e l'altra ed anche durante la seconda nevicata abbiamo continuato a ridurre le nostre scorte natalizie di frutta secca e canditi. La richiesta questa volta è venuta dal webmaster, che avendo visto le sperimentazioni con la bisciòla, ha chiesto che imparassi a fare il pandolce genovese alto, che a lui "zeneise" doc, piace di più di quello basso, tipo Rebora, dice mia suocera, che appunto ricorda che fu questa la pasticceria di San Pier d' Arena che per prima lo iniziò a fare. E quindi all'inizio per specificare quale pandolce se si diceva tipo Rebora si intendeva quello più basso e friabile nell'impasto, ottenuto con il lievito chimico - che detto tra noi - per i pasticceri comporta molto meno tempo di lavorazione ed un successo sicuro della lievitazione :) eh., eh.
Non potevamo che rivolgerci a fonti migliori che a Eugenio T del blog "Le nostre ricette" (i link alle fonti sono a fondo pagina), conosciuto su CI e che ai tempi del mio sito Jacarandatree aveva contribuito con molta gererosità a creare la sezione di ricette tipiche genovesi. Anche lui aveva fatto i suoi compiti e quindi, ho, sì, fatto le mie ricerche sui libri e in rete, ma  poi sono tornata da Eugenio :))
Ci è piaciuto così tanto che c'è stata anche una replica. Ho usato le stesse dosi di Eugeno ma ho diviso in quattro pani di pari peso l'impasto ogni volta perché ho fatto un'unica cottura in forno, quindi ho fatto ogni volta quattro pandolci di circa 940 grammi. Ho seguito il più possibile tutti i consigli preziosi di Eugenio, ma non sono riuscita a mettere a riposare il lievito madre nella plastica - è più forte di me. Se posso non metto mai la plastica a contatto con gli alimenti. Non ho inoltre al momento prove che il lievito madre non debba stare a contatto con l'acciaio inox.  Se come me rinfrescate il lievito madre con un rapporto 1 : 0,45 dovrete fare qualche calcolo in più. Se avete tutto il lievito madre già rinfrescato, dovrete aggiungere dell'acqua in più alla dose che ci da Eugenio -  5 grammi ogni 100 grammi di farina. Anche il reperimento dell'acqua di fiori d'arancio a Roma non è dei più facili, quindi ho diluito dell'essenza in acqua. Spero di avervi detto tutto. Ah, occhio! Eugenio inizia la spiegazione partendo dai rinfreschi, quindi dalla fase in cui si fa aumentare la quantità di LM  attraverso i rinfreschi e gli si da forza.


Un po' di terminologia prima di darvi la ricetta
rimesse = rinfreschi
crescente = lievito o pasta madre
tornire = pirlare: dare la forma all'impasto facendo strusciare sulla tavola di lavoro il fondo al fine di far chiudere le pieghe attraverso l'attrito con la tavola.



IL PANDOLCE GENOVESE ALTO (U panduce èrtu)

Ingredienti

Primo impasto

350g. di lievito madre rinfrescato al rapporto 2:1 es. 100 g. di acqua: 50 g. farina
180 g. di acqua ( io - rosy - l'ho scaldata in m.o. a 28- 29 °C),
160 g. di acqua di fior d’arancio,
due uova,
700 g. di farina manitoba 0,
300 g. di farina 00,
230 g. di zucchero,
230 g. di burro,
la buccia sottile (cioè la parta gialla) di un limone.

Secondo impasto

35 g. di acqua di fior d’arancio (oppure di marsala secco,
80 g. di zucchero,
80 g. di burro,
un cucchiaino di sale,
130 g. di di manitoba 0,
60 g. di farina 00,
600 g. di uvetta ben separata,
240 g. di cedro e scorza d’arancia canditi in totale,
180 g. di pinoli di Pisa,
24 g. semi di finocchio (io non lo metto)





DSCN9292 - pandolce_lavorazione dell'impasto
l'impasto in lavorazione



DSCN9299 - pandolce_l'impasto incordato
impasto incordato


Questo è il testo originale scritto da Eugenio:

"Seguendo i suggerimenti di un esperto pasticcere ho modificato la ricetta in modo da utilizzare la tecnica del doppio impasto che dà la quasi certezza di una perfetta lievitazione. Infatti la lievitazione di impasti pesanti per mezzo del lievito madre è sempre un'operazione rischiosa. Ecco la ricetta aggiornata:

Primo giorno (rimesse  e primo impasto)
per le rimesse utilizzare farina manitoba e acqua non troppo calda ma appena rotta (fra 22 e 30 gradi)

Ore  11 – prima rimessa
ammollare 60 grammi di crescente (lievito madre) in 20 grammi d’acqua e impastarlo con 40 grammi di farina. Mettere l’impasto in un sacchetto in plastica di quelli per i cibi congelati, chiuderlo senza annodarlo e metterlo in un vaso di vetro (meglio ancora se di legno). Lasciarlo lievitare per 3 ore a 25-27 gradi.

Ore 14.30 – seconda rimessa
prendere l’impasto precedente, cioè 120 g., e ripetere le operazioni della prima rimessa utilizzando però 80 g. di farina e 40 g. d’acqua.

Ore 18 – terza rimessa
impasto precedente 240 g., acqua 80 g., farina 160 g. ripetere le operazioni della rimessa precedente. 

Ore 21.30 – primo impasto
dai 480 grammi di crescente ottenuti dalla terza rimessa prelevarne 350 grammi, ammollarlo con 180 grammi di acqua e 160 grammi di acqua di fior d’arancio e 2 uova. Impastarlo con: 700 grammi di farina manitoba e 300 grammi di farina 00 (miscelate insieme), 230 grammi di zucchero, 230 grammi di burro (ammollato nel microonde o a bagnomaria facendo attenzione che non sia troppo caldo), la buccia sottile (cioè la parta gialla) di un limone. Impastarlo a lungo, togliere la buccia di limone e lasciarlo lievitare per almeno 8/9 ore a 27/28 gradi. (Io l’ho lasciato nella ciotola in plastica dell’impastatrice coperta da un coperchio di vetro). Non mettere mai gli impasti col lievito madre nel metallo. L’ideale sarebbe il legno ma va bene anche la plastica e se non si ha un coperchio adatto coprire con una tovaglia e con un foglio di cellophane. Deve più che raddoppiare di volume.

Secondo giorno

Ore 8 – secondo impasto
Aggiungere al primo impasto: 35 grammi di acqua di fior d’arancio (oppure di marsala secco), 80 grammi di zucchero, 80 grammi di burro, un cucchiaino di sale, 130 grammi di manitoba e 60 grammi di farina 00. Impastare a lungo; intanto fare leggermente intiepidire in forno la frutta e cioè: uvetta gr. 600, cedro e scorza d’arancia canditi in totale gr. 240, pinoli di Pisa gr. 180, semi di finocchio gr. 24. Aggiungere anche questa all’impasto, amalgamarla bene, coprire e lasciare riposare per 45 minuti. Dividere l’impasto secondo le pezzature desiderate e cioè 1080 grammi per ottenere (una volta cotti) pandolci da un chilo e 800 grammi per pandolci da ¾ di chilo. Con questa dose ho ottenuto 2 pandolci da chilo e 2 da tre quarti. Sull’asse di legno, dare a ogni pezzo una forma il più possibile sferica (prima tornitura) e coprirli con una tovaglia. Lasciarli riposare per mezz’ora e procedere alla seconda tornitura cioè rimetterli in forma sferica facendo attenzione che la parte sottostante sia ben chiusa (senza grinze). Coprire nuovamente con la tovaglia e lasciarli lievitare per 7/8 ore mantenendo la temperatura ambiente sempre a 27/28 gradi.

Ore 18.30 – cottura
Preriscaldare il forno, fare su ogni pandolce il classico taglio a triangolo, metterli nella placca del forno posandoli sulla carta da forno e far cuocere per circa 50 minuti a 190 gradi quelli da ¾ e per circa un’ora a 180 gradi quelli da chilo. Io mi sono regolato nel seguente modo: dopo aver infornato i pandolci ho atteso (circa 15 minuti) che iniziassero a colorire, allora li ho coperti con un foglio di stagnola che ho tolto 20 minuti prima del termine della cottura."



DSCN9302 - pandolce_impasto prima della lievitazione
pronto per la lievitazione


DSCN9311 - pandolce_impasto dopo la lievitazione
è sera- l'impasto lievitato in the evening the dough has risen


Le fonti

Non perdetevi questo video. Eugenio, con uno stupendo accento genovese e con piacevole precisione vi spiega come fare "u panduce". Con questo non potete sbagliare!!!


   

delizioso questo racconto sulla preparazione del pandolce

dal blog di Eugenio

3 comments:

  1. ti ci voleve "u preve", altro che la plastica... di sicuro lo riportano, nei link che hai citato, ma era lo scaldino con cui le donne genovesi andavano a letto e che, per ragioni che preferisco non sondare, da noi si chiamava "il prete". Era lì che si faceva lievitare u panduce ertu, per avere risultati perfetti: ma stando a quel che vedo, non ce n'è stato bisogno!
    complimenti1!!

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  2. sono meravigliosi... complimentiiiiiiiii!

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  3. Rosy, devo ammettere che mi hai superato. Sono stupendi. Si vede il tocco di una mano femminile e artistica. Complimenti! Eugenio

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