Saturday, 28 September 2013

Raviòle dël plin per l'MTC di settembre 2013


Due condimenti con la stessa raviòla


DSCN2596 - Raviòle dël plin al vino rosso
Raviòle con il vino rosso delle langhe

il condimento :) hic! - Già:un "blend" di barbera dolcetto e nebiolo

DSCN2606 -  Raviòle dël plin al sugo di arrosto
Raviòle dël plin al sugo di carne arrosto e con il vino rosso delle langhe


il sughetto dell'arrosto

Riprende con settembre la gara dell'MTChallenge e Elisa, del blog Sapori di Elisa, ci insegna (almeno nel mio caso) a fare dei ravioli con una forma davvero simpatica e declinati al femminile, quelli dël plin.

La  ricetta, spiegazione e la storia le trovate qui si seguito direttamente dalle parole di Elisa. Come sempre è d'obbligo sottolineare che ogni famiglia ha la sua ricetta, che pur non snaturando il piatto, è diversa da altre, e quindi si possono trovare ricette differenti sia per la pasta all'uovo che per l'impasto che per il condimento. E questo Elisa non ha mancato di dircelo anche lei.

La mia scelta di riproporre la ricetta di Elisa è legata ormai alla tradizione. Se la ricetta non la conosco di solito la replico. LA scelta del condimento con il vino è invece sentimentale. In ricordo dello zio di mio marito che spesso ci serviva un assaggio di ravioli al vino. Avvinazzati del web, unitevi! Alla salute.

Di solito, mi piace commentare la ricetta provata in modo da dare qualche strumento in più a chi la prepara per la prima volta, come me. Condivido con voi, quindi i trucchi e le scoperte, dopo averla effettivamente preparata.
Inizio col dirvi che le proporzioni pasta all'uovo - ripieno erano bilanciate. A me è avanzato un po' di ripieno, ma in dose accettabile. Ho dovuto aggiungere qualche cucchiaio di acqua per amalgamare la pasta all'uovo, e questo anche è naturale, perché non tutte le uova sono perfettamente identiche e non tutte le farine assorbono l'acqua allo stesso modo.

si fa la pasta all'uovo

il ripieno

Vi confesso anche che i primi plin li ha fatti al contrario, ottenendo dei semplici ravioli quadrati :)) e intanto mi dicevo:ho visto pubblicate su FB delle foto di tortellini?,  forse il regolamento permette di cambiare la forma. Poi mi si è acceso il cervello, sono riandata a consultare al computer e mi si è aperto il mondo del plin verticale, quello giusto!, per intenderci, che fa creare delle bellissime raviole in pochi semplici movimenti.


DSCN2544 Le raviòle crude
Le raviòle crude 


E mi chiedevo chi sa quale nonna li avrà inventati ed in quale secolo. Era tanta la mia gioia (non servono grandi eventi o costosi oggetti per farmi gioire) nel vedere uscire dalle mie mani questa graziosissima pasta ripiena, che ho chiamato il "figliolo mio" (così si è voluto inserire nella mia rubrica telefonica) per fargli vedere come si fanno.

Per quanto riguarda la sottigliezza della sfoglia ho usato la sfogliatrice del Kenwood fino al n. 8, il massimo è 9. Non so se dovevo farli ancora più sottili, ma per una prima volta ho preferito così per paura che si potessero rompere in cottura. Interessante anche l'uso dell farina 0

la sfoglia

Altro importante accorgimento che vedrete evidenziato anche nel video che ci ha preparato Elisa: non sigillate ambo i lati della striscia dopo la piegatura perchè nel fare i plin dovrete far uscire l'aria. Nel video si vede bene. Una volta chiuso il lato lungo della sfoglia, fatti i plin, dovete girarla al contrario e tagliare le raviòle allontanandola la rotella  da voi.

Una domanda, Elisa. Tempi di cottura media? Così per confrontarci.

PS fuori tempo massimo ho trovato moooolto interessante questo giornalino della Cucina delle Langhe

Grazie Elisa per la ricetta e per il lavoro svolto per noi questo mese :)




Le parole di Elisa

Le mie raviòle dël plin per l'MTC di settembre

Quello culinario è un linguaggio che, usando gli alimenti come parole e le ricette come poesia, costruisce un canto d’amore alla terra che gli ha dato origine. La terra madre, il ricordo del suo abbraccio amoroso intesse di nostalgia gli odori e i sapori della cucina del tempo passato. Luogo dell’infanzia, terra della nostra famiglia, i suoi spazi sono dedicati all’amore per chi ci ha nutrito. L’amore del cibo si trasforma così in cibo d’amore. [1]

Quando a giugno ho saputo di aver vinto l’MTC, dopo aver esultato ed assunto un’espressione da ebete sorridente, ho iniziato a pensare alla ricetta che avrei proposto a settembre: avevo due mesi di tempo, visto che si è deciso (per mia fortuna!) di prolungare la pausa estiva, tuttavia il mio pensiero aveva già preso una direzione e nulla riusciva a distoglierlo dalla cucina langarola, dalla tradizione della mia terra.

Se la prima volta in cui avevo vinto, avevo proposto una ricetta semplice e di veloce esecuzione, incentrata sulle tecniche che avevo imparato alla scuola alberghiera, in questa occasione ci tenevo a proporre una ricetta che mi rappresentasse fino in fondo: dall’affetto per la mia Dogliani e le Langhe ai ricordi di famiglia, dai miei gusti personali a quelli che potrebbero essere i miei “cavalli di battaglia”. Tra i piatti della cucina langarola, i ravioli sono sempre stati i miei preferiti, sia che si tratti di mangiarli sia di prepararli.


Ricordo ancora il profumo che mi accoglieva la domenica mattina, quando arrivavo a casa dei miei nonni, per il pranzo di famiglia: mia nonna si alzava presto e preparava i suoi agnolotti per tutti noi ed io, appena arrivavo, mi fiondavo in cucina per sapere se erano già pronti e assaggiarli crudi (ma quanto sono buoni i ravioli crudi?!) o se avevo la fortuna di vederla ancora all’opera. Anche mia mamma li prepara, non con la frequenza di mia nonna, ma con la stessa manualità e capacità: chiaramente lei dice che sua mamma era più brava, che lei non li sa fare così bene, ma io non le do retta, perché so perfettamente quanto siano buoni anche i suoi. Al di là di questa sua modestia, mia mamma ha sempre saputo che se vuole farmi felice, per esempio per il mio compleanno, mi deve preparare i ravioli, possibilmente quelli dël plin che sono i miei preferiti.
Anche io adoro cucinarli: devo confessare che ho un amore incondizionato per la pasta fresca e per tutto ciò che rappresenta nella tradizione italiana, inoltre impastare e tirare la sfoglia, farcirla, dar forma a paste ripiene mi rilassa, quasi fosse una terapia del cibo.
E’ stato per questi motivi che ho lanciato l’idea ad Alessandra: perché non facciamo una sfida sui ravioli, partendo dai miei plin? Dopo l’approvazione e dopo le vacanze, abbiamo definito tutti i dettagli: per il regolamento, come di consueto, dovete andare da loro, da Ale e Dani, sul blog dell’MTC. A me l’arduo compito di farvi conoscere questa ricetta.

Le raviòle dël plin sono ravioli di dimensioni molto piccole, preparati con una sfoglia all’uovo molto sottile e sigillati con un pizzicotto, che in dialetto piemontese si dice appunto plin.


Rettangolare o quadrata? Qual è la forma migliore dell'agnolotto? O è meglio il plin, il pizzicotto, per chiudere il piccolo lembo di sfoglia che racchiude il ripieno? Nessuno può dirlo. Dipende da luogo a luogo, spesso da cuoco a cuoco, e ciascuno, a riguardo, ha una propria teoria, tanto per la pasta come per il ripieno. Il gusto? Come per il vino varia a seconda della terra di provenienza. Ci può essere una prevalenza della salvia o della cipolla, della carne di vitello o di quella di maiale. E il condimento? Dovrà essere sugo d'arrosto o burro fuso? Un tempo gli agnolotti erano fatti di cose povere: bastavano qualche foglia di cavolo, delle coste bollite, un po' di riso e di sale, raramente la ricotta. Erano comunque inimitabili -la fame giustificava ogni ingrediente- e per tutti mangiarli era una festa. [2]

La frase che ho riportato qui sopra mi aiuta a introdurre un concetto fondamentale: questa è una ricetta che conosce infinite varianti, perché come spesso accade la tradizione non è mai una sola, ma cambia da zona a zona e addirittura da una famiglia all’altra. E’ così infatti che a partire da una sfoglia all'uovo -che bene o male è simile in tutte le zone in cui si prepara questo piatto- il ripieno e il condimento variano in base a quelle che erano le esigenze, la stagionalità e gli ingredienti di cui disponeva chi li preparava.
Il raviolo è nato nelle cucine dei più abbienti, ma si è poi trasformato nelle cucine dei poveri, dove se mancava la carne bastavano un po’ di cavolo e qualche verdura a foglia, oppure erbe spontanee, raramente ricotta, uova per legare e il ripieno era bell’e pronto. Spesso si usava ciò che si era avanzato da un pasto precedente: il raviolo per i poveri rappresentava anche quella meravigliosa abitudine di una volta di riciclare e trasformare cibi avanzati in qualcosa di prelibato.


Grosso modo, le categorie in cui possiamo suddividere i ripieni sono due: il ripieno di magro e il ripieno di grasso.
Il ripieno di magro poteva contenere ortica ed erbe spontanee in primavera, cavolo, porri, biete, spinaci, scarola, borragine, scelte anche in base alla stagionalità, talvolta ricotta (sèirass, la ricotta tipica piemontese), ma anche soltanto parmigiano grattugiato; generalmente per legare si usavano le uova, ma per risparmiare si potevano sostituire o integrare con patate o riso cotto, avanzato dai pasti precedenti.
Nel ripieno di grasso troviamo arrosto di vitello e/o di maiale e salsiccia, oppure bollito, o ancora arrosto di coniglio (che tendenzialmente era più diffuso nelle campagne langarole, rispetto ad altre zone del Piemonte dove si prediligeva il vitello) o anche di agnello.
Si trovano poi ricette con carne tritata, fatta rosolare nel burro, e filoni (ovvero il midollo spinale del bovino). [3]
Anche nella variante di grasso si potevano aggiungere le stesse verdure o erbe spontanee usate per i ripieni di magro e anche in questo caso vale il discorso sull’elemento legante che poteva cambiare in base alle esigenze economiche di ogni famiglia.
A condire semplicemente burro fuso, eventualmente con qualche foglia di salvia, oppure il sugo dell’arrosto che si usava per farcire la raviòla. Quel che si raccomanda ancora oggi è di non usare mai salse di pomodoro, che rischierebbero di coprire il gusto del ripieno, elemento attorno a cui ruota tutta la ricetta, tant’è che anticamente si usava addirittura servirle senza alcun condimento su un tovagliolo per apprezzarne completamente il sapore.
Un’altra usanza era quella di cuocerle in acqua o brodo, scolarle e condirle con il vino (a Dogliani rigorosamente con il Dolcetto).
Nell’Albese i plin vengono anche serviti con burro e qualche scaglia di tartufo bianco.
Anche la forma poteva variare: molto diffuso sicuramente era il plin, ma molte donne li preparavano senza il pizzicotto, pur rispettando le dimensioni molto contenute. Mia nonna ad esempio li tagliava a rettangoli molto piccoli ma non faceva il pizzicotto. Ciò che accomuna tutte le forme di raviòle è la sfoglia che in ogni caso dev’essere tirata molto sottile (che lo si faccia a mano o con la macchinetta).
La versione che vi propongo io è un plin di grasso, preparato con arrosto di vitello, salsiccia, biete, uova, erbe aromatiche, formaggio Grana grattugiato, e condito con il sugo d’arrosto. Generalmente preferisco usare il cavolo e il porro, ma avendo preparato questo piatto ad agosto, mi sono adeguata a ciò che mi ha offerto la stagione (e la zia di mio marito che mi ha regalato una bella borsata di biete :-)).

Ingredienti per 4 persone
per la pasta:
200 g di farina di grano tenero 0
1 uovo intero (grande)
2 tuorli (grandi) [4]
per il ripieno:
300 g di arrosto di vitello*
100 g di salsiccia
400 g di biete
1 noce di burro
2 uova
formaggio Grana grattugiato
sale
noce moscata
per il condimento:
sugo d’arrosto*
formaggio Grana grattugiato
*per l’arrosto:
500 g di fesa di vitello (o altro taglio adatto alla cottura arrosto)
1 spicchio d’aglio
1 rametto di rosmarino
1 foglia piccola di alloro
olio extravergine di oliva
sale
pepe
brodo di carne (o in mancanza di questo, brodo vegetale)

Procedimento
Per prima cosa preparare l’arrosto. Legare la fesa con lo spago e farla rosolare in una padella con un filo d’olio, da tutti i lati, in modo da sigillare i pori della carne. Salare e pepare il pezzo di carne e trasferirlo in una teglia unta con un filo d’olio. Aggiungere lo spicchio d’aglio in camicia, leggermente schiacciato con il palmo della mano, il rosmarino e l’alloro. Cuocere in forno a 180°. Dopo 10 minuti bagnare con brodo e far cuocere per altri 40 minuti circa (per controllare la cottura, infilare una forchetta al centro e premere in modo da far fuoriuscire il succo: se il colore è biancastro la carne è cotta, se è rossastro non è ancora pronta).  [5]
Nel frattempo lavare e mondare le biete e saltarle in padella con una noce di burro. [6]
Salare e tritare le biete. Togliere l’arrosto dal suo fondo di cottura e tritarlo finemente, insieme ai gusti. Unire i due composti ed incorporarvi la salsiccia sbriciolata. Aggiungere le uova, il sale, la noce moscata e il formaggio grattugiato. Mescolare bene con un cucchiaio di legno (foto 1).
Mettere la farina a fontana e rompervi all’interno le uova. Mescolare le uova e la farina partendo dall’interno e incorporando poco per volta la farina. Impastare per una decina di minuti con i palmi delle mani (foto 2) finché si ottiene un composto liscio e compatto. Coprire con pellicola alimentare e far riposare per una trentina di minuti.
Tagliare pezzi di pasta e, che si scelga di usare la macchinetta o il mattarello, tirarla molto sottile (foto 3).
Con l’aiuto di uno o due cucchiaini formare delle piccole palline di ripieno (grosse all'incirca come delle nocciole) e disporle sulla sfoglia, a poca distanza l’una dall’altra (foto 4). [7]
Piegare la sfoglia e pizzicare la pasta tra una pallina e l’altra (foto 5). Dopodiché tagliare i ravioli con la rotella (foto 6), partendo dalla parte chiusa e muovendosi verso i due lembi sovrapposti.

E’ importante lavorare con poca pasta per volta in modo da non farla asciugare troppo. Ogni volta che i ravioli sono pronti, disporli su dei tovaglioli puliti e spolverizzarli con farina.
Filtrare il sugo dell’arrosto e farlo sobbollire in un pentolino in modo da ridurlo (renderlo più denso).  Tenere in caldo.
Cuocere i ravioli in abbondante acqua bollente e salata. Scolarli e condirli con il sugo d’arrosto e una spolverata di formaggio grattugiato.


Note:
[1] Luciano De Giacomi, Giuseppe A. Lodi, Nonna Genia, a cura dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini di Alba e della Famija Albèisa, p. 6
[2] AA.VV., Il grande libro della cucina albese, Famija Albèisa, Ordine dei cavalieri del tartufo e dei vini d'Alba, pp. 222-223
[3] ibidem
[4] se usate uova piccole o medie calcolate le giuste proporzioni, tenendo conto che si possono variare le quantità di tuorli e di uova intere a seconda che si voglia ottenere una pasta più o meno gialla
[5] L’arrosto può anche essere cotto in casseruola coperta.
[6] La ricetta originale prevede che le verdure vengano prima fatte bollire, poi strizzate e ripassate in padella, ma personalmente preferisco cuocerle direttamente in padella per conservare tutti i principi nutritivi e il gusto della verdura a foglia. Quando utilizzo il cavolo, invece, procedo con l’ebollizione e la rosolatura.
[7] Quando i ravioli da preparare sono molti, per velocizzare il procedimento, molti cuochi utilizzano un sac à poche, con il quale formano una riga di ripieno sulla pasta, al posto dei piccoli mucchietti, dopodiché piegano la sfoglia e formano i plin.



Con questo post partecipo all'MTC di settembre 2013

Monday, 23 September 2013

Buon Autunno a tutti




Questa bellissima foto mi arriva da una cara amica e collega che insegna lettere e si occupa dell'inserimento nel mondo del lavoro alla Comunità di Capodarco di Roma. Spesso Loredana mi manda delle interessantissime mail. Per l'autunno ormai entrato qui da noi, mi ha inviato questa studenda foto. E con questo post riprendo la mia attività di foodblogger dopo la calda estate :)

Friday, 28 June 2013

Una quasi Caesar salad?


DSCN2227 - Caesar salad_mtc con ceci carote e noci 
Caesar Salad mista di lattuga romana e canasta con ceci, noci , carote e crostini di pane di Lariano

Non che a casa non si mangi, ma piatti nuovi o speciali pochi. E' un periodo che va così. Se non fosse per Ale e Dani che si sono inventate l'MTC anche questo mese saremmo andati in bianco quanto a nuove ricette. Ma visto che ormai gareggio dall'inizio meno una (la prima) eh, qui tocca pedalare. E così la mia Caesar salad è stata rifilata servita sia alla "congiunta" festa di compleanno che ci vede in tre festeggiati in fila dal 25 al 27 compreso, che la sera del 27 che vedeva un numero mooolto ma mooolto più ristretto al tavolo.

Per chi si sta chiedendo se ho osato discostarmi finalmente dalla ricetta data, tranquilli, non è successo,  se non parzialmente. Ho seguito in parte la ricetta del nostro Lorenzo-Cozzaman vincitore del torneo a Maggio ma ho cercato di usare anche ingredienti del territorio, come il pane di Lariano (paese dei Castelli) che è semiintegrale e a lievitazione naturale cotto con forno a legna alimentato da legno di castagno - ed in parte mi sono fatta guidare da una ricetta Insalatona Mista tratta da un libro USA Dimagrisci con i carboidrati di cui vi parlerò in un altro post.
Mi è stato detto da Erminia che l'insalata aveva un gusto rotondo ed in effetti l'abbinamento noci e parmigiano era perfetto - le carote davano una piacevole dolcezza, crostini passati in padella con l'olio della Sabina, saporito ma non forte hanno un sapore davvero invitante - unico strappo alla regola di quella che dovrebbe essere un'insalata ricca ma "healthy" dove i carboidrati sono altrimenti rappresentati dai ceci. Un piatto unico, se vogliamo, che io ho usato invece come antipasto sia per la cena di festegiamento con i parenti che per la cenetta- BBQ del 27.

 E quindi ecco...

Una Caesar Salad un po' laziale ma anche no

Ingredienti per 8

2 cespi di lattuga romana dell'orto km 0
mezzo cespo di canasta dell'orto km 0
150 g di noci (non ho l'albero di noci, sorry)
5 carote piccole (un po' più inla di 0: dell'ortolano)
250 g di ceci (del supermercato :)
30 ml di olio evo della Sabina
30 ml di aceto balsamico buono buono e ovviamente di Modena
5 fette di pane di Lariano (per noi che siamo anche quasi castellani)
80 g di parmigiano grattugiato o grana

Fare a "quadrucci" il pane e metterlo in una padella antiaderente dove avrete messo a scaldare dell'olio evo. Fare colorire prima da un lato e poi dall'altro a fuoco medio.
Lavare l'insalata  ed asciugate con uno strofinaccio le foglie una ad una. Foderare la coppa da portata con le foglie più grandi scegliendo le più belle - ditelo al verduraio che vi servono belle le insalate!. Le altre più tenere dividetele in quattro per lungo e poi tagliatele a pezzetti..  Pulite ed affettate le carote, iniziate ad assemblare a strati tutti gli ingredienti, tenere da parte il condimento (olio e aceto ben shakerati e parmigiano grattugiato - niente sale) che aggiungerete solo poco prima di servire.



E questa invece è la ricetta di Leonarodo-Cozzaman, a lui la parola :
La ricetta che propongo per la sfida di questo mese è quella secondo Julia Child e Rosa Cardini, la figlia del mitico Cesare Cardini.
Ingredienti:
2 cespi di lattuga romana (i più belli che trovate)
30g di Parmigiano grattugiato fresco,
2 uova,
175 ml di olio d’oliva extra vergine,
1 limone
2 spicchi d’aglio,
salsa Worcestrshire.
Sale e Pepe q.b.
3 fette di pane (io ho usato quello pugliese)

Preparazione:
Staccate le foglie di lattuga con delicatezza(io scelgo sempre quelle centrali ) lavatele con cura senza romperle, asciugatele per bene con della carta assorbente o asciugamani puliti e metterle in frigo.


Prepazione dei crostini di pane: 
prendete gli spicchi d’aglio e schiacciateli leggermente con il palmo della mano . Metteteli in una ciotola con un pizzico di sale e 3 cucchiai d’olio. Poi versate il tutto in una padella e fate tostare il pane tagliato a dadini. Asciugate i crostini e versateli nella ciotola che userete per l’insalata.
Spremete il limone, mischiatelo in una ciotola con della salsa Worcestershire (sei gocce non di più') e grattugiate il parmigiano. . 
Fate bollire per un minuto esatto le uova per poi raffreddarle sotto l'acqua fredda in modo da fermare la cottura. 
Mescolate tutti questi ingredienti nella ciotola con il resto dell’olio, i crostini, un pizzico di pepe e di sale.
Ponete le foglie di lattuga( io le tagliate a metà perché più comodo al palato) nel vostro piatto, versateci sopra gli ingredienti e girate l’insalata con molto cura.







Tuesday, 28 May 2013

Tiella patate riso e cozze per MTC maggio 2013

DSCN1819 - taieddhra  patate riso e cozze_2
riso varietà Roma

Questa è la tiella di  patate, riso e cozze che ho deciso di preparare dopo aver già provato la ricetta di Cristian del blog Resistenza Poetica per l'MTC di questo mese. Insomma, senza di te Cristian non mi sarei scatenata con una seconda prova. La prima è qui.

Come ho dichiarato nel post precedente per me pulire le cozze è sempre stato un problema. Questa volta, ho contrattato con la famiglia. Accordo verbale fatto: io cucino ma voi mi aiutate a pulire le cozze, una domenica mattina ho dato il via alla preparazione della tiella, questa volta con il mezzo guscio. Evvai!!!!!!!!!!




Untitled
che si vede che avevo finito le patate??????????????

Per inciso - Flickr ha deciso di fare un restyling senza avvertirmi.- sono stata ore a cercare di farmi restituire il MIO HTML eeeeeffffffffffflo!


Ho letto un po' in rete, ho cercato disperatamene ritrovato quel simpatico libro di ricette di Luigi Sada che è scritto in dialetto, tradotto in italiano ed inglese :))) , sentito varie campane a destra e a manca e deciso di fare la semplicissima (per numero di ingredienti) patate riso e cozze o Tiella alla barese che comunque Sada chiama riso patate e cozze. Su gentile richiesta del consorte, niente zucchine e niente pomodori. E questa volta nella teglia in alluminio di mia nonna :) Oh yeah!


DSCN1965 - tiella la  ricetta in barese close up1_R&T 
eccola in dialetto la ricetta, ovviamente come qualunque ricetta d'altri tempi rigorosamente senza dosi eh eh!

Premesso che per cozze e riso ho usato la quantità data da Cristian, le cozze per la mia teglia erano tante ed ho quindi fatto due strati, le variazioni sono state l'aggiunta di un po' di sale e condimento nel riso. Nell'assemblaggio l'ordine è stato cipolla, patate, cozze, riso, acqua delle cozze, formaggio grattugiato e patate per chiudere ed il resto del formaggio a pochi minuti da fine cottura.
Ho scaldato il tutto per qualche minuto sul fornello e poi ho messo in forno a 200°C per circa 1 ora, un'ora e qualcosa.

Volete sapere chi ha pulito le cozze? Io e Siarhei (Segej) con un aiuto in zona Cesarini del webmaster, che ha sbuffato per tutto il tempo dicendo che non avremmo finito mai. Ho cercato invano di convincerlo che three is better than two and much much better than one, ma è un concetto che proprio non gli entra in testa. Comunque ci siamo riusciti!!!!!!!!!!  Le abbiamo pulite, aperte, e riposte in frigo nell'attesa dell'assemblaggio finale.

DSCN1874 - tiella la cipolla_R&T
primo strato -  le cipolle


DSCN1876 - tiella le patate_R&T
secondo strato - le patate più spesse


DSCN1885 - tiella le cozze_R&T
terzo strato  - le cozze aperte a mezzo guscio !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!


DSCN1895 - tiella il riso sulle cozze_R&T
quarto strato - il riso sulle cozze


DSCN1902 - tiella ultimo strato  patate_R&T 
ultimo strato - le patate a copertura



 Quindi la ricetta di  Cristian e le dettagliate spiegazioni risultano così modificate

TIELLA PATATE RISO E COZZE

Ingredienti per 4-6 persone (a seconda della fame) per uno stampo rotondo del diametro di circa 30 cm

300 g di riso Roma
400 g di patate a pasta gialla (circa due patate di media grandezza)
1 chilo e mezzo di cozze (anche un po' meno)
100 g di cipolla (circa una cipolla di media grandezza)
50 g di formaggio grattugiato pecorino o metà grana e metà pecorino
olio extravergine d’oliva (possibilmente pugliese)

Per prima cosa bisogna pulire e aprire le cozze.

A questo proposito, una premessa. Le cozze dovrebbero essere aperte una ad una a mano a crudo. Perché solo così non si perde il sapore del mare. Vi spiego come fare.
Raschiate le cozze per pulirle, togliete le alghe e quelle incrostazioni bianche che a volte si trovano attaccate alle valve (che sono delle conchigliette) e sciacquatele bene. Togliete a ciascuna cozza il bisso, che è quella specie di barbetta che fuoriesce dalle valve sul lato dritto della cozza, tirandolo lungo la fessura verso la parte a punta della cozza, altrimenti il mollusco rischierebbe di rompersi, ma se fosse troppo duro tiratelo verso la parte rotonda.
Quindi aprite le cozze una ad una posizionandovi sopra una ciotola in modo da raccogliere l’acqua che uscirà. Premete leggermente le due valve facendo pressione con il pollice e l’indice in maniera tale che le due valve si stacchino leggermente e infilate un coltellino dalla punta arrotondata a metà del lato dritto per aprirle raccogliendo la loro acqua nella ciotola, quindi togliete il mollusco dalle valve e conservatelo nella ciotola insieme alla sua acqua. Procedete in questo modo con tutte le altre cozze e riponetele in frigo.

Sbucciate le patate e le cipolle.

Tagliate le patate e le cipolle che andranno sul fondo della tiella a rondelle sottili, dello spessore di circa tre o quattro millimetri, un po' più sottili le patate per la copertura aiutandovi con una mandolina o un robot da cucina e mescolatele tutte insieme condendole con un po’ d’olio.

Preriscaldate il forno a 200°C

Ungete il fondo della teglia con un po’ d’olio e fate uno strato con la cipolla poi metà delle patate. Quelle più spesse. Aggiungete le cozze.
Sciacquate velocemente il riso in una scodella piena d’acqua, scolatelo, conditelo con un pizzico di sale e pepe e mettetelo nella teglia sopra lo strato di cozze  livellandolo bene, dovrà formare uno strato sottile andando a ricoprire anche le cozze, durante la cottura si insaporirà  del gusto di questi frutti di mare. Mettete sopra al riso l'acqua delle cozze.

Spolverate con metà del formaggio grattugiato e fate un altro strato sopra le cozze con le patate rimaste. Se fosse necessario e l’acqua delle cozze non fosse sufficiente (e normalmente è così), versate ancora un po’ d’acqua nella teglia, in maniera tale che arrivi proprio a toccare il sotto dell’ultimo strato di verdure. 

A questo punto spolverate con il formaggio rimasto e versate ancora un po' d'olio.

Infornate la teglia e fate cuocere a 200°C per un’ora, un’ora e mezza, dipende dal vostro forno, fino a che si sarà formata una bella crosticina dorata in superficie. Eventualmente nell’ultimo quarto d’ora di cottura su un ripiano più alto per far dorare le patate.

Lasciare a riposare e consumare tiepida o a temperatura ambiente.

E per finire un video esplicativo scelto in rete

P.S. Ho scoperto che esiste almeno un altro rematorecontro :))




MTC di MAGGIO 2013


Taieddhra riso patate e cozze e che c'entra lo jerez? - MTC Maggio 2013



DSCN1862 - taieddhra patate riso e cozze_finita


Che bella scelta! La teglia di patate riso e cozze. E mentre ero qui a scrivere questo post e non trovavo la parola giusta per dire che, come alcuni di voi già sanno, son un mix, una sanguemisto? - che peraltro, è una parola che è ora di usare con accezione positiva e non più dispregiativa come succedeva quando ancora l'umanità pensava esistessero razze distinte che potessero dare un diritto alla supremazia - insomma cerca che ti ricerca... volevo dire che in me scorre anche ed ancora qualche goccia di sangue pugliese  ed in quel momento mi è venuto un flashback  ad una lezione di assaggio di vini ed al metodo di vinificazione dello... cavolo quale era il vino liquoroso ahhhhhhhhhhhh ci sono, lo Jerez! Ecco mi sono sentita un po' uno Jerez e sicuramente lo siamo un po' tutti, no?

E allora parliamone.

Dallo Jerez deriva lo Sherry, pare che sia stato addirittura Shakespeare a inglesizzare il nome. Prodotto a Jerez della Frotera, che deriva il suo nome dalla città fenicia di Xerò questo vino liquoroso è prodotto da più cultivar di uva, ma la sua particolarità è il suo metodo di invecchiamento che si chiama "soleras y criaderas"

Il vino viene periodicamente travasato dalle botti poste più in alto (le criaderas, che contengono il vino più giovane) a quelle poste al livello inferiore, fino ad arrivare a quelle che si trovano a contatto col suolo (le soleras, appunto, che contengono il vino nella sua ultima fase di invecchiamento. Questo vuol dire che anche nel nuovo vino rimangono sempre tracce del vecchio vino, ogni annata, come ogni generazione, conterrà sempre una parte anche infinitesimale della prima annata. Non è una bella metafora?




picture from here

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Fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Sherry


Bene, tornando a noi, e più esattamente alla ricetta, dopo la lunga parentesi, quello che volevo dire è che sono stata contenta della scelta di questa ricetta da parte di Cristian del blog Resistenza Poetica per l'MTC di questo mese, perché questo piatto lo cucinava mia nonna e  lo mangiavo quando visitavo parenti in Puglia, ma io non l'avevo mai preparato. E così sono stata costretta :)) a farlo.  E' un periodo che cucino poco e niente se non cose banalissime e mi sto obbligando a mantenere almeno gli appuntamenti di MTC e DB che mi obbligano a cucinare qualcosa di nuovo almeno due volte al mese.

Cristian ci ha già spiegato che le zucchine sono un'aggiunta nel periodo estivo, ma che non tutti fanno, ed infatti nelle case da me frequentate non le usavano.

Come sapete, di solito eseguo la ricetta data per imparare a farla e così è stato anche questo mese. Ho eseguito pari pari la ricetta di Cristian.

Alla prima il riso forse era troppo cotto. Solo dopo aver provato la ricetta ho cercato su youtube ed in rete e ho visto che molti mettono le cozze con mezzo guscio prima e sopra il riso. Senza star a disquisire su cosa è più "giusto" mi sembra che l'inversione degli ingredienti possa risolvere il problema che ho avuto.

Se avessi voluto farla "strana"? Penso che una versione l'averi tentata con zafferano e un po' di peperoncino, lasciando anche i pomodorini, ma togliendo le zucchine.
Un'altra cosa che mi era venuta in mente era l'uso del riso venere che con i frutti di mare sta tanto bene. L'averi portato a metà cottura e poi messo sopra i mezzi gusci di cozze.

Vi dirò la verità, ho sempre avuto problemi a pulire le cozze e quindi la versione di Cristian per me è stata un modo per rompere il ghiaccio. Evvai Cristian! Ma credo proprio che riuscire a fare la pulizia totale e provare la versione con mezzo guscio sarebbe per me una conquista!!!!!! Certo è un lavoro lungo e con noi che lavoriamo tutti è un lavoro che si può fare con difficoltà se non supportati dall'esperienza che rende veloci.
Ho letto di padri che pulivano i mitili mentre le mamme preparavano gli altri ingredienti da Raffaella. Ecco, cerco un marito nuovo solo se di quel tipo (incline alla collaborazione).

Ho usato ovviamente il tegame in coccio, come consigliato e ho due considerazioni da fare. La preparazione nel coccio ci ha messo tanto a riscaldarsi in forno, e mi è sembrato utile alzare la temperatura. Poi ho pensato che forse avevo messo troppa acqua? dovendo interpretare l'espressione "a filo dell’ultimo strato di verdure" potrei averne messo un filo in più. A fino con la parte di sotto o di sopra dell'ultimo strato? Chiederò a Cristian al "filo" diretto. 

Della consistenza del riso ho già detto e chiesto. Il riso era un po' sciapo quindi la mia acqua delle cozze non era sufficientemente salata.

In famiglia tutti mi hanno chiesto la prossima volta di non mettere le zucchine. De gustibus :)) eh eh.

Mia nonna la tiella la faceva in un tegame di alluminio che ancora ho. E che vi metterò in foto se ci sarà la seconda puntata. Un po' di suspance!

Vi lascio alla ricetta ed alle dettagliate spiegazioni di Cristian :)

TAIEDDHRA RISO, PATATE E COZZE

Ingredienti per 4-6 persone (a seconda della fame) per uno stampo rotondo del diametro di circa 30 cm

300 g di riso Roma
400 g di patate (circa due patate di media grandezza)
1 chilo e mezzo di cozze
100 g di cipolla (circa una cipolla di media grandezza)
300 g di zucchine (circa 3 zucchine di media grandezza)
4 pomodorini ciliegino o 1 pomodoro grande
50 g di formaggio grattugiato (metà grana e metà pecorino)
olio extravergine d’oliva (possibilmente pugliese)

Per prima cosa bisogna pulire e aprire le cozze.

A questo proposito, una premessa. Le cozze dovrebbero essere aperte una ad una a mano a crudo. Perché solo così non si perde il sapore del mare. Però so benissimo che non tutti lo sanno fare o hanno la pazienza per farlo. Quindi, chi vuole può anche, dopo averle pulite per bene, aprirle nel modo tradizionale sul fuoco senza aggiungere nient’altro e senza farle cuocere troppo.
Per chi invece vuole provare, vi spiego come fare.
Raschiate le cozze per pulirle, togliete le alghe e quelle incrostazioni bianche che a volte si trovano attaccate alle valve (che sono delle conchigliette) e sciacquatele bene. Togliete a ciascuna cozza il bisso, che è quella specie di barbetta che fuoriesce dalle valve sul lato dritto della cozza, tirandolo lungo la fessura verso la parte a punta della cozza, altrimenti il mollusco rischierebbe di rompersi, ma se fosse troppo duro tiratelo verso la parte rotonda.
Quindi aprite le cozze una ad una posizionandovi sopra una ciotola in modo da raccogliere l’acqua che uscirà. Premete leggermente le due valve facendo pressione con il pollice e l’indice in maniera tale che le due valve si stacchino leggermente e infilate un coltellino dalla punta arrotondata a metà del lato dritto per aprirle raccogliendo la loro acqua nella ciotola, quindi togliete il mollusco dalle valve e conservatelo nella ciotola insieme alla sua acqua. Procedete in questo modo con tutte le altre cozze e riponetele in frigo.


Preriscaldate il forno a 160°C

Pulite tutte le verdure, sbucciate le patate e le cipolle, lavate zucchine e pomodori. Tagliate le patate, le zucchine e le cipolle a rondelle molto sottili, dello spessore di circa uno o due millimetri, aiutandovi con una mandolina o un robot da cucina e mescolatele tutte insieme condendole con un po’ d’olio.
Ungete il fondo della teglia con un po’ d’olio e fate uno strato con metà delle verdure.

Sciacquate velocemente il riso in una scodella piena d’acqua, scolatelo e mettetelo nella teglia sopra lo strato di verdure livellandolo bene, dovrà formare uno strato molto sottile giusto a ricoprire leggermente le verdure, perché durante la cottura gonfierà abbastanza. Mettete sopra al riso i pomodorini tagliati a pezzettini e quindi le cozze e poi tutta la loro acqua.

Spolverate con metà del formaggio grattugiato e fate un altro strato sopra le cozze con le verdure rimaste. Se fosse necessario e l’acqua delle cozze non fosse sufficiente (e normalmente è così), versate ancora un po’ d’acqua nella teglia, in maniera tale che arrivi proprio a filo dell’ultimo strato di verdure. Mi raccomando non mettete sale perché l’acqua delle cozze è salatissima.

A questo punto spolverate con il formaggio rimasto e versate ancora un po' d'olio.

Infornate la teglia e fate cuocere a 160°C per un’ora, un’ora e mezza, dipende dal forno, fino a che si sarà formata una bella crosticina dorata in superficie. Eventualmente nell’ultimo quarto d’ora di cottura alzate la temperatura del forno a 200°.


E ora vi saluto, spero che la ricetta sia di vostro gradimento e auguro a tutti buon divertimento.

Santu Ronzu nesciu iutani tie..."

Riprendo la parola
E per chiudere un po' di satira. Lo sapete che sulle ricette tradizionali si possono scatenare diverbi nelle migliori famiglie. Beh non andatevene senza aver letto questo articolo sul Il fatto quotidiano Giù le mai da riso patate e cozze


Un ringraziamento a tutti, organizzatori, che come al solito si sono spesi per rendere la sfida divertente, e a tutti gli amici che partecipando rendono l'MTC un pazzo pazzo mondo di sapori, colori, odori, e spunti anche decisamente fuori dal seminato (non intendo qui le regole), ma che stravolgendo una ricetta ne inventano un'altra.